sabato 26 settembre 2015

"About Davis"

Ho perso il gatto.
Maledetto.
Io ho sempre odiato i gatti.

L'ho ritrovato.
Sono salito sulla metropolitana.
Con il freddo che entra dalle caviglie nude e invade le gambe.
La gente mi guarda in modo strano. Forse per il gatto, forse perché io sono ciò che si definisce "strano".
Ho perso di nuovo il gatto.

Ho vagato parecchio.
Con qualche canzone nella testa.
Ovunque andassi con qualche canzone scritta in maniera sincera.

Dormo su letti che non conosco.
Di amici che non sono miei amici.
Se mi sveglio ogni mattina senza averlo chiesto ci sarà un motivo, ma qualcuno mi sa spiegare quale sia?
Cerco un posto caldo in cui dormire questa notte.

Un Sol e poi un Do. Poi viene sicuramente un Re, a seguire.
La chitarra è onesta, almeno lei.

La vita non mi ha dato molto e io non le restituisco nulla.

Abbracciami forte.
Ciò che tocco diventa polvere.
Canto dove posso e quando posso.
Sempre.
Canto persino quando la bocca è chiusa e le labbra serrate dal gelo.

Qualche raggio molesto entra dalla finestra dell'ennesima stanza sconosciuta.
Ma questo non è il mio Sole.
Non è la mia luce.
Credo non sia nemmeno la mia vita.
Non basta qualche raggio timido a farmi cambiare idea.

Mi esibisco.
Solito sgabello che traballa.
Solito maledetto microfono che riferisce il falso.
Parla di me e io sono dannatamente falso.
E' una vita che fuggo da me stesso.
Non mi voleva nemmeno il gatto.

Fa freddo.
Fuori e dentro la porta del cuore.
Qualche canzone folk deprimente con la speranza di scaldare un po' questo cuore di ghiaccio.

Ci sarà forse qualche anima in questa città che mi vuole bene e che non mi odia!
Forse una.
Con ogni probabilità nessuna.
Questa notte non dormo, sono stanco di elemosinare.
A volte persino la mia dignità si ribella.

Voglio lavarmi.
Lavare via questa sporcizia.

Mi rimane la chitarra.

Ancora lo sgabello e il solito stramaledetto locale. Quattro pareti, un palco, un paio di scimmie addestrate che si esibiscono e della birra scadente. Pazzesco! Neppure la birra è più buona!

Ho ritrovato il gatto.
In realtà si è ritrovato da solo.
Si ricordava la strada di casa.
Meglio di me.

Ho lasciato i miei problemi (infiniti) sul fondo del bicchiere.
Ubriaco, ho urlato.
Mi hanno mandato via.

Ultimo sgabello.
Ultima possibilità.
Rimane solo un rammarico.
Se avessi avuto le ali, se le avessi avute, sarei volato lontano. Non so dove di preciso, ma lontano.
Perché lontano per me è sinonimo di salvezza. Infatti non ci vado mai.
Se avessi avuto le ali sarei tornato dove sono stato felice un tempo.
Felice cosa vuol dire?

La mia musica non vende.
La mia vita ancora meno.

Lascio lo sgabello.
Lascio la musica.
Lascio il Sol.
Lascio il Do.
Lascio il Re.
Lascio la chitarra.
Lascio il palco.
Abbandono persino il locale.
E come se non bastasse la mia dignità.
Mi rimane il cappotto.


Un paio di pugni.
Finisco per strada.
Per terra.
Al freddo. L'unico vero amico che io abbia mai avuto, il freddo, capace di dirmi soltanto la verità; di sbattermi in faccia tutta quanta la verità con raffiche di vento prepotente.
La verità che io sono tale e quale a lui.
Ciò che tocco, abbraccio e bacio si congela.

Entra dalle caviglie.
Dalle maniche poco strette.
E anche dai buchi del cappotto troppo larghi.
Fa male.


Se avessi avuto le ali...



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