mercoledì 15 giugno 2016

Sei una canzone non ancora scritta


E i tuoi figli sembrano dei disegni
i nostri figli intendo
ma non nascono
e le tue mani rovinate
hanno lavorato, si vede.

Il tuo cuore è ferito come sulla croce
ma perché?
le tue lacrime sono salate
tu che conosci il mare

la tua voce
non ha voce
il tuo odore mi arriva incontro
e poi sparisce.
Sei una canzone non ancora scritta.

Ti cerco
Dio mio se lo faccio,
ma dove sei?

mi aspetti nel campo di grano
al fianco della ragnatela nel fienile.
Mi aspetti
Ma dove?

Volto senza volto
ricordo senza passato.
Che sia una donna
che sia carne.

Sia ossimoro!
e che sia dolore.
Che sia una vasca
da cui si esce asciutti.

Dove sei?
Le tue coordinate:
trenta gradi a sud-est della mia solitudine
e poi non ricordo.

Un libro
non ancora partorito.

Una di quelle ragazze
che sul treno sono eterne,
ma muoiono nel letto.
Muoiono nude
a poco lo hanno venduto
quel per cui pensavano di valere.
Ma tu non sei
così
no
sei eterna e non lasci traccia.

Ma dove sei ?
Quando nasci?

giovedì 2 giugno 2016

Diario di un perdente

"La questione è la felicità. E' lei che domina questa vita così strana, a tratti così reale che non la si potrebbe immaginare diversa. E' una sera fresca, di quelle che esci e non chiudi la porta dietro di te. Ti rinfresca le ossa e le luci sono tutte così giuste. Mi sembra quasi di sentire l'odore salmastro, ma non c'è mare qui. Alle volte lo porto io il mare in città. Lascio cadere qualche granello  di sabbia dalla tasca senza farmi vedere. E un giorno, lo so, saremo tutti sdraiati tra macchine e ombrelloni. E faccio lo  stesso con la città, me ne porto sempre un po' dietro quando vado a trovare quel tizio di cui ti parlavo, quello  che ho conosciuto di fianco alla biblioteca mentre rubavo un libro. 
In ogni caso è una di quelle sere di cui ci si dimenticano i particolari, ma ci si ricorda che era tutto giusto. 
Mi chiedi dei miei affari. Una grande nebbia  avvolge la mia vita e faccio fatica a produrre; per un giovane aspirante artista come me è una maledizione. Per di più in una città a cui sono sconosciuto. O meglio, io l'ho conosciuta per bene, ma i suoi abitanti mi sono indifferenti. Nomino le cose e le persone perché non le conosco, loro non sanno nemmeno che io esista. Ogni volta che varco la porta del mio condominio mi sembra di agire nell'ombra. Effettivamente sono l'ombra di questa città, ho perso quasi tutto  quel che ritenevo mio. Non intendo le cose, mi riferisco alle espressioni che avevo prima che succedesse quel fatto che tu ben sai e di cui abbiamo ampiamente discusso per via epistolare.
A proposito, ti tengo sempre nel cuore e nei miei passi, e il tempo che dedico a te è molto più di quello che impiego a buttare giù qualche parola sulla carta. Ti conservo tra le lettere, come le foto. Ma tu non sbiadisci. Ho fatto male i calcoli e non riuscirò a tornare per i prossimi mesi. Il costo del biglietto è superiore a quanto credevo e i soldi scarseggiano. Scrivo sempre per qualcuno, ma mi sembra di guadagnare solamente un po' di vita in più. Dei soldi nessuna traccia. Prendo i lavori che ci sono, anche i più umili, non avrei mai pensato di arrivare a tanto. 
Ti dicevo della  felicità. Maledetta.  La vedo negli altri e non la faccio mai mia; a volte provo a trattenerla, ma finisco ogni sera con le mani nei capelli a cercare di darmi delle risposte. I vicini si lamentano di continuo. Durante l'ultima riunione condominiale erano tutti d'accordo che la situazione sia ormai insostenibile, dicono che piango troppo forte. "Si contenga!" dicono così. Dicono così.  Mai nessuno che ti chieda delle tue lacrime, mai nessuno che ti dica "Diamine! Ma non riesce a piangere più forte?". Non cerco la compassione, spero si capisca ciò che intendo.
Dovrei lavorare per una rivista settimanale che si occupa di ricercare nuovi talenti nel campo della poesia, ma la metà sono idioti,e l'altra scrive così bene che l'invidia ogni volta mi convince a non comunicarne gli elaborati. 
In un certo qual senso continuo ad aggiornare il mio "Diario di un perdente", ho un sacco di nuovi spunti ogni giorno. 
La felicità. Prende quelli che la intravedono e richiama i perdenti come me. Brutta faccenda questa. Non trovi che sia una bella questione da sottoporre alla tua guida spirituale? Farebbe una gran fatica a risponderti credo. Mi fa male tirarti dentro a questo vortice di fallimenti, mi fa male per davvero, ma è come se la città fosse alle volte travolta da ondate di malinconia che rende tutto  più invivibile, specialmente i luoghi in cui ho riso e goduto della poca vita che avevo con me. Io sono sempre in prima linea quando l'onda arriva. Mi dico che è questione di posizione, infatti ho cambiato casa un paio di volte, ma non era quella la questione. Mi segue in città e poi arriva anche dalle sponde dell'oceano. Mi sento circondato, mi fa paura. Cerco di far diventare la città oceano con un po' di sabbia, e trasformare il mare in abitazioni stabili gettando qualche calcinaccio, giusto per confondere l'idea alle onde, ma sono solo in questa impresa titanica. Mi hanno abbandonato tutti e temo che il mio progetto non sarà realizzato prima della mia morte. Non farò in tempo a vedere il mio piano finito, ti rendi conto che delusione? E dire che mi sono impegnato così tanto. 
Non voglio trascinarti con me, lo giuro. 
Questa sera esco. Non so se sia la scelta migliore, ma la questione è che non ho scelta. Stamane i condomini mi hanno detto che entro domani avrei dovuto lasciare la mia casa. Lo accetto.  E' normale che si voglia stare un po' tranquilli, trovo sia lecito.
Mi sono detto che è meglio lasciare la città di sera, quando si veste per uscire anche lei. Di sera, quando la città è ancora viva e le luci sono giuste. Non credo di aver fatto male i calcoli, già mi vedo passeggiare tra le vie umide e strette, con l'irrequietezza di chi lascia qualcosa che non ha mai compreso. Non dico che faccia male, però  sicuramente non è piacevole. Questo è il diario di un perdente. Sono io. Mi chiedono : "Tu cosa fai nella vita?"
"Perdo"
"Ah sì? (Chissà perché poi sono sempre tutti così stupiti, vorrei sapere se loro hanno sempre successo). Perdi cosa?"
Tutti che si ostinano ad accodare a quel verbo un maledetto sostantivo! Io perdo e basta, d'accordo?
Deludente? Sì, lo so. E' davvero deludente. 
Questa sera esco. Mi vedo già. Perso per le strade. Perso fra la gente. Perso per la  città dalle mille luci fioche.
Diario di un perdente. O forse diario di un perduto? No, perdente credo vada meglio. E' più attuale.
Mi vedo già con le mani nelle tasche. In una un po' di mare e nell'altra qualche pezzo di città."