venerdì 8 luglio 2016

Volti di vita quotidiana

Non vi è nessuna gloria in ciò che vi sto per presentare e nemmeno eventi di un coraggio antico. Semmai è un ardore del presente, di una vita quotidiana affrontata con dignità. Presentata da loro stessi, dagli stessi uomini che la vivono, che ogni giorno vi combattono; perché sì, che se ne dica, la vita è una guerra. Anzi, credo di poter affermare che sia indubbiamente la più atroce delle guerre. Infatti quando si scende in campo per combattere si lotta per la vita, non per altro.
In ogni caso sentirete parlare loro. Sentirete dei volti che prendono forma. Non vi sarà nessuna azione straordinaria perché di queste sono piene i libri, ma al centro vi  saranno vite comuni che mostrano con chiarezza che è possibile la straordinarietà nel quotidiano; che è possibile combattere una guerra senza armi e sudando ugualmente sangue.
Scoprirete cosa nobilita l'uomo e cosa lo ha nobilitato. I volti di ogni genere perché il mondo è vario e pieno di misteri. O potremmo invece affermare che il mistero sia solamente uno : cosa si nasconde dietro un volto vivo? E cosa lo anima?
La risposta a tale domanda cela dietro di se la risposta a qualsiasi altra obiezione. Non ridete, vi prego. Non è presunzione.  Ascoltate le storie dei nostri personaggi e in seguito potrete criticare e farne le vostre considerazioni.
Prima delle conseguenze però dovrà avvenire ciò con cui da sempre incomincia la vita: un' incontro.
Avverrà alla vecchia maniera, come si faceva una volta, per l'appunto.
Leggerete delle storie che si presenteranno come delle mani tese, come avveniva un tempo, quando ancora le persone tendevano la mano e dicevano  chi erano, qual era il loro passato e quali i loro desideri. Tutto questa in una mano tesa.




Joshua Wheat

Ho lavorato per tutta la mia vita nel campo di mio padre. Alla sua morte mi disse che dovevo continuare il lavoro che avevamo iniziato insieme. Mi disse inoltre che aveva comprato quel campo tempo addietro perché vi si nascondeva una grande ricchezza.
Ho coltivato ogni giorno la terra di quel campo e l'acqua con cui lo ho innaffiato molto spesso era l'acqua che non bevevo io. Ho avuto annate buone e annate terribili. Ciò che mi ha spinto a non cambiare mai vita era la promessa di mio padre riguardo alla ricchezza di quel  campo che non veniva mai.
Ho desiderato sempre più di quanto  avessi. Quando l'annata era cattiva ho voluto che fosse migliore, quando invece dal cielo cadeva la pioggia ne volevo di più, ma che non fosse grandine.
Ho lavorato per più di mezzo secolo un campo di cui ho conosciuto ogni erbaccia e ogni imprecisione, ogni dislivello  e tutte le zolle.
E' un campo che ho maledetto e che ho baciato.
E' una terra che ha conosciuto l'odore del mio sudore e il colore del mio sangue; ha visto la mia fatica e ha gioito dei miei successi.
Ho desiderato fino all'ultimo giorno di vita quella ricchezza di cui parlava mio padre, che tardava a venire.
Sono morto felice, in cucina. Come si conviene ad uno scapolo. Non ne ho fatto scene atroci. Sono morto come si muore di norma, smettendo di respirare. Ero felice perché mi guardavo le mani e mentre morivo ho capito che la ricchezza l'avevo sempre avuta ben stretta e vicina a me.
Avevo le mani piene di terra e sbucciavo una cipolla.
Del frutti del campo sono vissuto e delle sue miserie sono morto. Dalla sua ricchezza sono rinato.



Henry Flynn

Ho guardato  a lungo verso l'orizzonte, senza mai scorgerne la fine. Ho custodito il faro.
Sono stato  la speranza di molti  marinai, la salvezza di molte mogli.
Il  guardiano del faro, che a questo ha dato la sua vita.
Sono morto al buio, ma era pieno di luce il mio cuore.
Illuminava la  costa e la mia nave attraccava al porto.
Era buia la stanza, ma vedevo solo la luce del mio faro.



Leonard Dubois


Sono stato lo  zimbello dei pittori di Parigi.
Sono stato  deriso  e sbeffeggiato,  io  che ho alle mie spalle avevo un migliaio di quadri di qualità incredibile. Mi accusavano di  non averne venduto nemmeno uno e di non aver nemmeno mai dipinto.
Se con dipingere intendevano mettersi lì con la tela, i pennelli e il resto non avevano tutti i torti; non avevo mai avuto la briga di fare tutto  questo. Avevo una collezione di quadri prodotti dalla mia immaginazione, rifiniti nei minimi dettagli.
Prima di morire mi si avvicinò una donna che dall'aspetto si intuiva non mancasse di soldi e buona famiglia, probabilmente dell'alta borghesia Parigina.
Mi si avvicinò e mi disse che comprava tutti i miei dipinti, dal primo all'ultimo.
Mi diceva così "Faccia uno sforzo di memoria, la prego signor Dubois, dal primo che ha immaginato!".

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