martedì 3 maggio 2016

7 di Aprile

Tra cinque ore sarebbe successo qualcosa. Cinque ore, non un minuto in più, non un minuto di meno.
Lo sentiva. E se non fosse successo qualcosa lo avrebbe fatto accadere lui.
Era salito un caldo insopportabile nella stanza dell'albergo in cui da qualche giorno dormiva. Gli capitava di guardare quegli oggetti, quel letto, che vedeva da poche ore, come se da sempre gli appartenessero. Non capita forse anche a voi? Non vi capita di impossessarvi degli oggetti nuovi alla vista, delle frasi pronunciate per sbaglio, degli errori commessi con senno e portare tutto questo nel vostro cuore estraendolo all'occorrenza in tempi meni sospetti e forse lontani? Sono sicuro capiti anche a voi. Gli capitava frequentemente. D'altra parte si era abituato a viaggiare e a spostarsi da un posto ad un altro da quando la moglie non era più tornata a casa quel 7 Aprile, che Dio lo elimini dai giorni in cui l'umanità si è svegliata! Che Dio si dimentichi di quel 7 Aprile così insipido, così maledetto. L'aveva cercata ovunque: aveva guardato in cucina, poi in dispensa, in soggiorno e con passo più celere e cuore affrettato nell'attico; si era fermato a riflettere e il sette Aprile avrebbe dovuto essere uno di quei giorni in cui sua moglie finiva presto di lavorare. Che si fosse fermata a comprare qualcosa? L'aveva aspettata qualche ora, ma niente. Se ne era andata. Nemmeno un biglietto? Neppure una riga, neanche un saluto. E poi si sente dire che non esiste più la cavalleria. Sarà anche vero, ma non si lascia una persona così. Soprattutto un uomo. Le donne sanno soffrire, ci sono abituate, ma gli uomini sono una frana in queste cose. Non si fa così, sarebbe bastata una riga "Ciao me ne vado, non sono andata a fare la spesa". Ecco, così sarebbe stato lecito. Invece l'aveva aspettata qualche ora e poi aveva ricominciato a cercarla, magari non aveva controllato bene. No. Aveva guardato con attenzione invece.
Aveva appoggiato la testa fra le mani. Aveva pianto. Poi le mani le aveva messe sul volante della macchina e non si era più fermato. Era come se gli avessero tolto la terra da sotto i piedi. Non una terra qualsiasi, la sua terra. Sua moglie aveva portato via lo spazzolino, il dentifricio, una borsa, qualche vestito e la sua terra. Fa male quando ti portano via la strada su cui dovresti camminare, la strada su cui sei stato abituato a camminare. Perché a cinquant'anni non ti ci abitui più. Hai imparato a vivere con una donna ed è troppo tardi per abituarsi ad altri occhi, a braccia diverse. Il profumo. Vogliamo parlare del profumo? Alle volte gli sembrava di sentirlo in giro, ma era come un lampo che subito scompariva lasciando non solo l'odore delle cose grigie e comuni, ma anche una tristezza abissale, più profonda dell'odio e del mare.
Gli aveva portato via tutta la terra e lui aveva provato ad abituarcisi, ma cinquant'anni sono troppi. A diciannove si fa ancora in tempo sì, ma a cinquanta no. E' metà di un secolo vi rendete conto? E' un'assurdità. Sono troppi cinquant'anni per abituarsi.
Era salito un caldo tremendo nella sua stanza e si era sbottonato la camicia. Era sceso e aveva consegnato le chiavi a chi di dovere. Si era infilato in uno di quei locali di cui ci si fida già dall'insegna. Fuori era scritto così "Un drink  gratis per ogni delusione amorosa o di qualsivoglia genere". 
Sapeva già entrando che non sarebbe uscito con le sue gambe da quel posto.
Dopo la decima delusione aveva iniziato a urlare e dare fastidio, e lo avevano sbattuto fuori.
Aveva provato a rientrare sostenendo che avesse ancora qualche migliaia di delusioni da smaltire, ma lo avevano avvertito che se avesse continuato avrebbero chiamato la polizia.
Se ne era andato, non era mai  stato un tipo coraggioso.
Voleva solo la sua terra, voleva il suo dannato letto e la sua casa. E magari una riga con scritto "Sono tornata, ho fatto la spesa. Ti amo."
Al diavolo. L'unica cosa che gli era rimasta era la puzza di fumo che si attacca ai vestiti, alla pelle e alla gola. La puzza di fumo se ne va quando merda vuole lei. Aveva persino finito le sigarette, che vita spietata.
Sarà stato per eccesso di delusioni , per la  terra scomparsa o per la moglie o forse per il caldo che si  era mescolato all'alcool nelle sue vene, ma morì sul letto della sua stanza il 7 Aprile di quello  stesso anno. Morì da solo, come muoiono tutti in questo mondo.
Ma la sua  rivincita se la era presa. Sul cuscino un biglietto che diceva così: "Che Dio ci scampi da giorni come il 7 Aprile. Che Dio se lo dimentichi questo maledettissimo giorno."
P.s  Al diavolo la tua spesa.

2 commenti:

  1. Perdonami, il racconto è bellissimo ma non ho capito una cosa. Muore davvero, come dici alla fine? Perché all'inizio pare che il racconto del 7 aprile sia un flashback.. avrò interpretato male io il finale, è assai probabile!

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  2. Ciao Anna! Ti ringrazio molto.
    Sì muore per davvero; il flashback è all'inizio e la storia riprende verso la fine, per concludersi con la sua morte.
    Grazie, un abbraccio!

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